Lucania Biketrip 2022
Alla scoperta della Basilicata in bici
590 km – 11500 m dis
Visualizza questo post su Instagram
In questo articolo:
(clicca sulla sezione)
– introduzione
– il racconto del viaggio
– traccia gps scaricabile
“In questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato ad Eboli.”
La mia Basilicata in bici nasce proprio sotto il segno di queste parole di Carlo Levi, quando descriveva le terre di Lucania nel suo Cristo si è fermato a Eboli, conosciute ed amate durante il suo periodo di confino tra il 1935 e il 1937.
Difficilmente avrei potuto anche solo immaginare di poter rivivere dal vivo parte delle emozioni raccontate da Levi, seppur oggi filtrate da una società profondamente diversa da quella di allora.
Anche per questo ne è uscita un’esperienza che è stato racconto e storia, tanto da stravolgere quella “ufficiale” studiata sui banchi di scuola. Una lunga pedalata che ha svelato una terra di antichissime tradizioni sopravvissute sino ad oggi. Una regione la cui storia è permeata di origini orgogliose quanto oggi invece disillusa e rassegnata.
La Lucania mi ha raccontato a lungo di storie e leggende di secoli di brigantaggio. I briganti, che in queste terre non sono considerati semplici fuorilegge. La loro è storia di utopistici combattenti a difesa di una civiltà contadina che con l’unificazione nazionale aveva trovato nuovi occupanti e poca prospettiva di crescita.
E la Lucania si è disvelata anche nelle soste ai bar di paese, dove ho ascoltato con curiosa deferenza le storie degli anziani che mi hanno narrato delle gesta delle popolazioni italiche. Lucani e Sanniti, resistiti ad Annibale prima e ai romani subito dopo.
Mi sono sorpreso dei loro occhi illuminarsi e del gesticolare incontrollato durante i loro racconti, ma di contro mi ha rattristato lo spegnersi dell’entusiasmo quando l’argomento trattava dei tempi odierni.
Lucania
“M’accompagna lo zirlio dei grilli
e il suono del campano al collo
d’una inquieta capretta.
Il vento mi fascia di sottilissimi nastri d’argento
e là, nell’ombra delle nubi sperduto
giace in frantumi un paesetto lucano.”
cit. Rocco Scotellaro
Per davvero la mia Basilicata in bici è stato un viaggio tra le rovine di una antica terra contadina, disseminata di masserie, chiese e vecchie ferrovie “dirupate”. Un lento disvelarsi di paesi fantasmi e strade al limite della percorribilità. Un viaggio che ha percorso circa tremila anni di storia, su terreni aspri e difficili che hanno trasformato il viaggio in una straordinaria avventura.
La Basilicata in bici non è mai stato un viaggio banale. Un incedere colorato del verde dei campi a primavera, accompagnato dal volo dei rapaci, impreziosito dalla squisita ospitalità lucana e reso memorabile dalla polvere argillosa dei calanchi lucani che difficilmente potrò dimenticare per la loro straordinaria bellezza.
In sostanza ho scoperto una terra dove ancora il legame tra natura, uomo e tradizioni si respira in ancestrali abitudini come quelle dei riti arborei, o la processione della Madonna di Viggiano assimilabile più a un rito iniziatico che non a una tradizione cattolica. Anche se poi il contraltare contemporaneo delle terre devastate dall’estrazione del petrolio mi ha riportato ad una realtà che spesso fingiamo di non vedere più che non volere.
Durante la mia Basilicata in bici ho ammirato stupefatto la maestosità del Parco Nazionale del Pollino, il più vasto parco nazionale italiano. E mi sono sorpreso alla scoperta dell’enclave Arbëreshë, popolazione di tradizioni, lingua e religione albanese a cavallo tra Basilicata e Calabria.
La Lucania storica, conosciuta già nel V secolo A. C., oggi è stata smembrata in quattro diverse regioni, quasi a volerne cancellare definitivamente passato e storia . Ma il patrimonio lucano è ancora tutto lì, dalla pietre materane che raccontano di miseria e orgoglio, alle terre dei calanchi la cui polvere è la stessa respirata dai contadini in una secolare battaglia per un’agricoltura di resistenza. Oggi la Lucania è ancora viva in un patrimonio di tradizioni e antiche abitudini che sopravvivono ad un presente troppo poco attento alle proprie origini.
La Lucania mi ha raccontato davvero molto e molto più di quanto mi aspettassi, senza mai disvelare il suo più profondo segreto lasciando spazio così ad un nuovo e prossimo viaggio di scoperta.
Il racconto del viaggio
Giorno 1 Matera – Ferrandina
58 km 1100 m disl +
Matera ormai mi ha rubato il cuore, riesce sempre difficile per me lasciarla. Questa volta è l’inizio di un nuovo viaggio. LAscio la città dei Sassi consapevole che la ritroverò presto e mi tuffo nel verde dei campi che si perdono all’orizzonte. Le paure di inizio viaggio si stemperano di fronte a tanta bellezza. Costeggiando gravine e antichi resti di masserie diroccate scopro di essere sul tracciato di una vecchia ferrovia abbandonata… ormai le riconosco subito. La conferma arriva poche centinaia di metri dopo superando una vecchia stazione in totale stato di abbandono.
Sono ormai nei pressi di Miglionico, che mi disvela la fortezza del Malconsiglio, piccolo gioiello che domina il paese. Lo sguardo corre sul fondo della valle pochi chilometri più sotto. Scruto il corso del fiume Basento per capire se la strada vecchia, che corre tra i calanchi, mi permetterà di attraversare il fiume. Ma i vecchi ponti sul fiumi sono tutti crollati per la ferocia delle sue piene. Con le pive nel sacco ripiego sulla moderna statale.
La Basilicata in bici non è mai banale e l’arrivo a Ferrandina me lo devo conquistare con un’altra inerpicata lungo una strada chiusa ormai da molti anni. Pedalare in totale solitudine con i profumi della primavera appena sbocciata è una sensazione che rende leggera ogni salita.
Giorno 2 Ferrandina – Aliano
65 km 1260 m disl+
La tappa regina di questa Basilicata in bici. Un’immersione tra la polvere secca dei calanchi lucani. Sole, dune di argilla e il volo dei gheppi sono stati i soli compagni della giornata.
Da Ferrandina la vista si perde tra mille colline e piccoli monti. E tra quei rilievi cerco di riconoscere la via da seguire in una giornata che sarà fatica e nessun paese abitato fino all’arrivo ad Aliano.
Ma la preoccupazione di esser da solo immediatamente sarà sostituita della bellezza triste e antica del borgo abbandonato di Craco. Me lo ritrovo abbarbicato sulla sommità di una collina che guarda fino al mare e abitato esclusivamente da pecore al pascolo e da un arruffatissimo asino.
Una giornata di silenzi stupiti che pedalata dopo pedalata mi hanno immerso nel cuore del racconto di Carlo Levi.
Proprio lì lungo una salita infinita e durissima fino ad Aliano, dove Levi trascorse gran parte del confino a metà degli anni trenta dello scorso secolo. Mi fermo spesso, non per la fatica, ma per ammirare tanta bellezza che si perde in un orizzonte disordinato.
I calanchi Lucani sembrano appartenere ad un mondo ormai lontano dalla realtà dei nostri tempi. Un salto all’indietro nel tempo che mi ha rapito e dal quale ho sperato di non tornare troppo presto all’oggi.
Giorno 3 Aliano – San Costantino Albanese
55 km 1120 m disl+
Terzo giorno di Basilicata in bici, in quello che ritenevo essere semplicemente una tappa di trasferimento. Ma subito la scoperta del borgo a abbandonato di Alianello, mi ha aperto all’intimità familiare perduta delle case senza infissi. E la giornata cambia subito in meglio.
E poi i borghi di Roccanova e Senise (patria del poeperone crusco) mi hanno aperto la strada ad una salita durissima che mi ha immerso nei castagneti in quota sopra la Val Sarmento e le terre Arbëreshë di San Costantino Albanese e San Paolo Albanese. Terre Arbëreshë di cultura, lingua e religione albanese.
San Costantino Albanese mi ha accolto davvero con grande entusiasmo, con inviti multipli nelle case per un bicchiere di vino o per la cena. Inutile dire che non ho mai potuto rinunciare agli inviti…
Giorno 4 San Costantino – Civita
48 km 1350 m disl+
La tappa più difficile di tutta la mia Basilicata in bici. Da San Costantino Albanese pedalo su asfalto su asfalto fino a Terranova del Pollino, la porta del Parco Nazionale del Pollino (il più vasto dei parchi nazionali italiani). Da qui abbandono la strada per una sterrata che in pochissimi km, con rampe oltre il 26%, mi catapulta ai piedi della Timpa della Falconara.
E qui lo sguardo si perde tra Basilicata e Calabria immerso in una natura che la fa da padrona. In un silenzio rassicurante mi godo la vista sulla Serra del Dolcedorme (il più alto massiccio del Pollino con i suoi 2267m ancora imbiancata di neve). E sotto di me la Timpa di San Lorenzo e la Valle delle Gole del Raganello custodiscono la via che mi condurrà fino all’arrivo a Civita, altro borgo Arbëreshë ma stavolta in terra di Calabria.
Tutta la giornata passa con un pieno di bellezza tra sentieri e strade forestali, l’incontro di qualche sparuta e isolata masseria dove lo stupore nel vedermi è pari al loro desiderio di capire che ci faccio da quelle parti in sella a una bici.
E ai piedi della Timpa di Porace ecco apparirmi Civita, bellissimo borgo abbarbicato sugli strapiombi delle Gole del Raganello. E lì, qualche centinaio di metri sotto i miei piedi che ammirano il panorama dall’alto con quel famoso ponte a sesto acuto tra le gole scavate dall’acqua nel corso dei secoli. Ma solo di poco allungando lo sguardo i miei occhi riescono ad ammirare i riverberi del Mar Ionio poco lontano.
Giorno 5 Civita – Lagonegro
103 km 2000m disl +
Lascio Civita e le sue case Kodra (con le facciate dalle sembianze di un viso) per cercare subito il tracciato della vecchia ferrovia calabro Lucana Spezzano-Castrovillari-Lagonegro.
La incrocio subito appena dopo Civita, in un bellissimo incrocio con un acquedotto ad archi. Ma la parte ciclabile parte da Castrovillari, attraverso la bellissima Morano Calabro, con lo scollinamento al Valico di Campotenese a 1022m. Qui la sosta nella bellissima Catasta Pollino, hub culturale del Parco Nazionale del Pollino.
Lasciata Campontenese procedo su strada asfaltata, ma la ferrovia è sempre alla mia vista, con ponti e gallerie che la natura rende ormai quasi solo intuibili. Arrivato a Castelluccio Inferiore rientro in Basilicata e qui riprendo il percorso ciclabile, con gallerie elicoidali ed un’altra lunga ben 1582m (galleria della Rosa) fino all’arrivo a Lagonegro con un freddo degno dell’inverno trentino. Mi accorgo solo all’arrivo che oggi è il giorno di Pasqua.
Questa vecchia ferrovia mi ha stregato, meritandosi di essere descritta con maggior dovizia di particolari in un articolo dedicato. Clicca Qui
Giorno 6 Lagonegro – Viggiano
56 km 1300 m disl+
Parto di prima mattina con freddo, tanto freddo in questa strana pasquetta, lungo i tornanti in salita di una strada provinciale che sembra dimenticata. Mi lascio il Sirino alla destra, pur scollinando a 1200m di altitudine prima di una lunga e altrettanto fredda discesa verso Sarconi e la Valle dell’Agri. Zero macchine, zero gradi e zero incontri in questo tratto, salvo lo scampanellio delle vacche podoliche al pascolo.
Sarconi è una sosta necessaria per riprendermi dal freddo ma anche l’occasione per una bella chiacchierata con un anziano del posto che in racconta le a antichissime origini di queste terre. Storie e leggende delle antiche popolazioni lucane, luogo in cui sostò Annibale e terra di battaglie con gli eserciti romani.
Racconti che ritrovo poi nella visita all’area archeologica dell’antica Grumentum, che trasforma in immagini le parole appena ascoltate dagli anziani.
L’arrivo a Viggiano, tra raffinerie e pozzi di estrazione petrolifera, è in salita (ormai una costante di questo viaggio). E qui mi imbatto in un paese alle prese con i preparativi per la tradizionale processione della Madonna Nera del sacro Monte di Viggiano, Santa Patrona della Basilicata tutta. Provvidenziale l’accoglienza di Mariano, amico cicloviaggiatore che di Viggiano mi racconta storia e tradizioni.
Giorno 7 Viggiano – Castelmezzano
43 km 1000 m disl+
Lascio Viggiano e la Valle dell’Agri di buon mattino, con un caldo sole grazie a Dio. Mi addentro nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, lungo strade pressoché deserte e zero incontri. mi lascio sulla destra Laurenzana e la valle Camastra. Appena attraversata l’Abetina di Laurenzana lo sguardo si apre improvviso su Castelmezzamo e Pietrapertosa arroccate sotto le guglie delle Dolomiti Lucane. Pedalo appena sotto i 1000m di quota, ma questi luoghi ammaliano quasi quanto quelli delle Dolomiti del Nord.
In un susseguirsi di calanchi e curve raggiungo Pietrapertosa, la mia meta per oggi. Suggestiva la passeggiata alle luci della sera in un paese che sembra un piccolo presepe natalizio. Quante sorprese in questa Basilicata in bici.
Giorno 8 Castelmezzano – Grassano
58 km 1200 m disl+
La mia Basilicata in bici riprende con una lunga discesa verso la Valle del Basento. È l’antipasto per la più lunga delle salite di questo viaggio. I 13 km di tornanti immersi nella vegetazione del Parco regionale Gallipoli Cognato verso la Riserva di Monte Croccia passano veloci. La bellezza di questi luoghi mi ammalia di sensazioni antiche, richiamandomi agli antichi riti arborei ancora oggi tradizione delle genti di queste terre.
Una piccola deviazione a piedi per visitare l’area archeologica di Monte Croccia, con i resti di una città fortificata datata VI sec. AC. Le mura che cingono l’Acropoli sono ancora in ottimo stato, quanto l’antichissimo calendario scavato nella pietra che segnava i solstizi. Una piccola Stonehenge lucana, in un bosco ammantato di fascino arcaico.
Lasciato Oliveto Lucano ritrovo il corso del Basento che mi accompagna oltre Garaguso fino alla salita finale verso il borgo di Grassano. Ritrovo così i luoghi del racconto di Carlo Levi.
Giorno 9 Grassano – Matera
51 km 1000m disl+
Tappa finale della mia Basilicata in bici. Una mattina ammantata di nebbia e pioggia che mi accoglie lungo la salita a Grottole. Al maltempo rubo il tempo di una veloce visita al castello e alla basilica dirupata e poi fuggo, tra vento, nebbie e un freddo umido che mi entra fin nelle ossa.
Prima dell’arrivo a Matera costeggio il lago di San Giuliano lungo strade abbandonate ormai da tempo accompagnato solo dal volo dei gheppi e l’incontro con un paio di cani randagi. Gli ultimi chilometri invece, li combatto con un fortissimo vento contrario.
Arrivo a Matera in un freddo pomeriggio di fine aprile e, come successo nel mio primo viaggio in Puglia, tutto accade nel giorno del mio compleanno.
Giorno 10 Matera Gioia del Colle
47 km 600m disl+
L’ultimo giorno è un semplice trasferimento verso Gioia del Colle per riprendere il treno verso casa. L’occasione giusta per girare qualche video a Matera. Niente da fare invece: il centro storico è blindato per la visita del Principe Alberto di Monaco.
Rivedo i miei piani e ne nasce l’occasione per visitare la Murgia Materana. Al di là della Gravina mi godo dei panorami su Matera davvero unici e indimenticabili. Il resto è una bellissima passeggiata tra chiese, ambienti rupestri e una piccola area archeologica di età neolitica.
Termina qui la mia Basilicata in bici. Rientro in Puglia e il percorso verso Gioia del Colle è ricerca di qualche tratturo che mi eviti il più possibile le strade asfaltate. All’arrivo giusto il tempo di caricare la bici in treno e si riparte verso casa.
Scarica QUI la traccia del viaggio